Il 1985 è un anno storico per la città di Verona – al di là della passione o meno per il calcio dei singoli abitanti – perchè quello è stato l’anno del primo e finora unico scudetto della squadra scaligera.

Nella stagione 1981-82, dopo annate anonime passate a cavallo tra serie A e serie B, l’Hellas Verona del presidente Celestino Guidotti e dell’azionista di maggioranza Fernando Chiampan, guidata in panchina dal tecnico Osvaldo Bagnoli, ritorna in serie A con l’intenzione di restarvi  a lungo e fare campionati all’altezza delle ambizioni della piazza veronese. Nelle due stagioni successive, infatti, riesce a raggiungere la qualificazione alla Coppa UEFA, arriva per due volte in finale di Coppa Italia (perdendo contro Juventus e Roma) e si accasa costantemente nella “parte sinistra” della classifica. Ma questo è nulla rispetto a ciò che avvenne nella stagione 1984-85, entrata ormai nella storia della città e del calcio italiano.

Era un’epoca del tutto diversa rispetto ad oggi: in serie A c’erano solo 16 squadre, ognuna poteva tesserare solo due stranieri e il campionato italiano – grazie alla potenza economica di cui disponeva all’epoca l’intera nazione – ospitava il fior fiore dei campioni internazionali. Era l’anno in cui il Napoli acquistò Maradona dal Barcellona per la cifra, allora folle, di 13 miliardi di lire (i partenopei, proprio grazie all’ingaggio del gioiello argentino in squadra, terminarono il campionato con una media spettatori superiore ai 77.000 a partita), Platini era alla Juve, Rummenigge all’Inter e ancora: Socrates, Junior, Zico, Falcao, Boniek, Laudrup, l’intero gotha del calcio internazionale risiedeva in Italia, dando forma a quello che acquistò l’appellativo di “campionato più bello del mondo”.

Il Verona, per nutrire la propria ambizione, confermò il nocciolo duro di calciatori italiani della squadra delle annate precedenti – costituito dal portiere Garella, dai difensori Tricella, Volpati e Fontolan, dai centrocampisti Di Gennaro e Fanna e dall’attaccante Galderisi – ai quali affiancò due acquisti di grande caratura internazionale quali il difensore della nazionale tedesco con il vizio del gol Hans-Peter Brigel e l’attaccante danese, vice Pallone d’Oro in carica, Preben Elkjaer Larsen per tutti “Cavallo Pazzo”. Con una tale formazione, società e tifosi si aspettavano di confermare agevolmente i progressi delle ultime annate ma nessuno osava sperare di più.

Vigeva ancora la regola dei soli due punti per ogni vittoria, così come due erano le sostituzioni consentite (pensate che in 30 partite di campionato l’Hellas Verona fece giocare in tutto 17 giocatori; oggi, con la regola transitoria dei 5 cambi, in una sola partita un tecnico ne può fare giocare 16).

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Il Verona parte forte e già dopo due giornate si ritrova da solo in testa alla classifica. Diviene campione d’inverno subendo solo una sconfitta, ad Avellino, durante tutto il girone d’andata, inseguita da vicino da  Torino, Inter e Sampdoria. Nella prima di ritorno fu affiancata in vetta dall’Inter ma, già la domenica successiva, si riappropriò del primato solitario che non abbanadonò più fino alla fine del campionato, perdendo solo un’altra partita contro il Torino (che finirà il campionato al secondo posto) e pareggiando ben 13 incontri. Gli scaligeri ottennero la vittoria matematica del campionato alla penultima giornata, pareggiando a Bergamo contro l’Atalanta. Era la prima volta dal 1969, quando lo scudetto oltrepassò il tirreno per far bella mostra di sè nella bacheca del Cagliari, che una “provinciale” non vinceva una scudetto, iscrivendo per la prima volta il suo nome nell’albo d’oro della manifestazione e, da allora, solo alla Sampdoria, nel 1991, riuscirà l’impresa di entrare nel ristretto club delle squadre che hanno vinto un campionato italiano.

Per capire la portata dell’impresa basti pensare che la Juventus di Platini, Boniek e Paolo Rossi – che il 29 maggio, dieci giorni dopo la fine del campinato, vincerà la sua prima Coppa dei Campioni nella tragica serata dell’Heysel – arriverà soltanto sesta in campionato a pari punti con il Milan, il Napoli di Maradona ottavo, l’Udinese di Zico dodicesima e la Lazio di Laudrup quindicesima e retrocessa. Il livello del campionato era altissimo e il lusso di poter sbagliare troppe partite di fila non era consentito. Bisognava saper dosare le forze e non farsi scappare neanche i pareggi che allora erano mezze vittorie mentre oggi è l’esatto contrario. Non a caso il Verona chiuse il campionato con il maggior numero di vittorie (15) e di pareggi (13), incassando solo 2 sconfitte.

Ma l’impresa non nasce dal caso, è frutto di programmazione, competenza, sacrifici, un’immancabile dote di buona sorte e, soprattutto di uomini che hanno dato il massimo.

La prima mensione d’obbligo va fatta  alle persone chiave della società, Guidotti e Chiampan, che ebbero il merito di credere nelle doti dell’allenatore Bagnoli, confermandolo dopo il vittorioso campionato di Serie B che valse la massima serie nell’82, assecondandolo nelle scelte ponderate e investendo una somma ingente di denaro per il budget medio di una “provinciale”. Bagnoli, dal canto suo, è stato negli anni abile a modellare la squadra sui giocatori che aveva a disposizione, creando un’ossatura chiave cui affidarsi ma aperto ad inserire gli innesti che le sessioni di mercato gli consegnavano. La rosa, poi, era costituita da uomini che crebbero in valore e prestigio individuale insieme alla squadra.

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Il portiere Garella, ad esempio, dotato di uno stile “naif” ma efficace, l’anno dopo lo scudetto passò al Napoli divenendo una colonna portante della squadra di Maradona; il capitano Tricella, al Verona sin dal ’79 dove ha giocato anche negli anni della serie B così come il talentuoso Di Gennaro; il veloce attaccante Galderisi, arrivato giovanissimo dalla Juventus alla corte di Bagnoli, divenendo un punto fermo nonchè capocannoniere della squadra con 11 realizzazioni nella stagione dello scudetto; e poi l’uomo d’ordine per eccellenza, il centrocampista Pietro Fanna, giocatore d’esperienza che aveva già vinto uno scudetto con la maglia della Juventus nell’82, indispensabile nelle ripartenze come in copertura.

E poi, ancora: Fontolan, Bruni, Marangon, Volpati, giocatori che hanno hanno preso parte a quasi tutti gli impegni di quella mitica stagione ’84-’85, dando un contributo fondamentale alla vittoria finale. Teniamo per ultimi i due stranieri presenti in rosa: il tedesco Brigel e il danese Elkjaer. Il primo, già campione d’Europa con la sua nazionale nell’80 e vice campione del mondo nell’82 (e successivamente lo sarà nuovamente nel mondiale Messicano dell’86), pur arrivando a Verona tra lo scetticismo generale, fu protagonista di una stagione esemplare per qualità difensiva e fondamentale in fase offensiva, realizzando ben 9 gol in campionato, una prolificità sotto rete sconosciuta ai difensori dell’epoca.

Il danese, invece, arrivò in Veneto con un secondo posto nella classifica del Pallone d’Oro dell’anno precedente da difendere (chiuderà al terzo posto dietro ai francesi Paltini e Tigana la classifica della stagione 1985). Confermò il suo valore realizzando 8 reti (senza aver calciato rigori) e sfornando prestazioni mostruose al servizio della squadra di cui divenne l’idolo indiscusso, ricordato ancora oggi dai veronesi. Arrivò in Italia con il soprannome di “Cavallo Pazzo” – dovuto sia alla sua travolgente velocità in dribbling e in progressione che per il carattere fumantino – e se ne andò con il nomignolo di “Cenerentolo” affibbiatogli dopo aver realizzata un gol alla Juventus calciando senza scarpino.

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Dopo quella gloriosa e storica stagione l’Hellas Verona non sarà più in grado di replicare un campionato di quella caratura, anche per via della cessione di alcuni dei pezzi forti della rosa (Fanna, ad esempio, pagato appena un miliardo dalla Juventus, l’anno dopo venne rivenduto all’Inter per 5 e mezzo) che ne minarono le prestazioni.

La stagione seguente il Verona chiuse al decimo posto, eliminata in Coppa Campioni agli ottavi nella doppia sfida derby contro la Juventus. Le stagioni seguenti, ad eccezione dell’86-87 chiusa con un buon 4° posto, decretarono un lento precipitare verso la serie B che si palesò nella stagione 89-90. Da allora, tra fallimenti, diversi cambi di proprietà, un continuo saliscendi tra A e B, con l’onta della Serie C in cui precipitò nel 2007, ora il Verona milita con buoni risultati in Serie A, accasandosi abitualmente a metà classifica, gestita da una società solida e oculata e allenata da un tecnico preparato e carismatico come Juric… il calcio dal lontano 1985 è cambiato moltissimo ma la figura di Juric e di tanti suoi calciatori ricordano tanto gli eroi di quello storico Verona Campione d’Italia, chissà che la storia non possa ripetersi…

Foto di copertina Di El passs on the Italian Wikipedia – Originally uploaded to the Italian Wikipedia on July 16, 2012, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=31638220

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