Pornhub rischia di chiudere? La questione apre un dibattito

Nei giorni scorsi abbiamo annunciato la cancellazione di vari video da Pornhub, secondo numeri che (stando a Motherboard Vice, che non ha esplicitato come abbia effettuato la stima) parlano di più di 6 milioni di video cancellati: rimossi in sostanza tutti i video provenienti da utenti non verificati, per evitare la diffusione indiscriminata di video anonimi, illegali o postati senza il consenso delle persone ritratte al loro interno. Al tempo stesso, i metodi di pagamento di Pornhub Premium sono scomparsi: puoi pagare solo in criptovaluta, ad oggi. E siamo piuttosto sicuri che, seppure non sia impossibile, questo non sarà facile per gli utenti medi del sito, che quindi rinunceranno all’impresa per andare – as usual – su un altro sito web.

Ma ora che VISA e Mastercard non autorizzano più le transazioni su Pornhub, che cosa succederà? Ad oggi il sito nella sezione premium mostra una schermata inequivocabile, in cui i pagamenti con carta di credito sono stati disabilitati (evidentemente per via dei fatti che vi stavamo raccontando), gli utenti pagheranno davvero in bitcoin? Continuerà ad essere utilizzabile il sito, ovviamente, per i video leciti che sono stati caricati previa autorizzazione da pornostar o da studios?

Non ci addentriamo troppo nella questione etica o legale, anche perchè crediamo che sia quasi scontato sostenere la causa della lotta alla diffusione di materiale illegale e, di fatto, non siamo noi a dover giudicare o decidere nulla. Ma da un punto di vista prettamente tecnologico, abbiamo forti perplessità che la questione sia sottovalutata. La storia di Pornhub ha suscitato reazioni tiepidine in Italia, a cominciare dal classico “se la sono cercata” (stereotipo classico, quando si tratta di cose “lontane” da noi) al manettaro-poliziottesco all’italiana “Hanno fatto bene“. Senza neanche conoscere fatti che, in realtà, nessuno di noi conosce appieno, e basandosi sulla “sensazione” epidermica che se è andata così, la colpa fosse di PornHub (due video su tre sono stati cancellati o sospesi, lo ricordiamo) che rischia di passare alla storia, secondo noi, per diventare l’ennesimo sito porno costretto a chiudere da pressioni esterne. La cosa ha fatto quasi ridere alcuni, peraltro, perchè c’è di mezzo il porno ed il porno è considerato buffo a priori, ma di fatto la questione è serissima: sia perchè coinvolge la corretta attribuzione di responsabilità, sia perchè attribuisce colpe iper-amplificate alla piattaforma, che ha pubblicato un comunicato stampa abbastanza caustico e riportato in Italia da IlFattoQuotidiano, ad esempio. per inciso, Pornhub ufficialmente la rende una questione tutt’altro che banale:

È chiaro che Pornhub viene preso di mira non a causa dei propri programmi contro i video illegali, ma perché siamo una piattaforma di contenuti per adulti” […] “campagna contro la nostra azienda” […] “Il National Center on Sexual Exploitation (precedentemente noto come Morality in Media) e Exodus Cry/TRaffickingHub. Organizzazioni dedite all’abolizione della pornografia, al divieto di materiale che considerano osceno e alla cancellazione di tutto il mondo dei “sex workers”

Abolizione della pornografia? Forse bisognerebbe rendersi conto che la questione va posta in termini leggermente diversi, perchè è complicata, dovrebbe procedere per gradi e passa soprattutto per un incoraggiamento generale affinchè gli utenti siano i primi a non attuare comportamenti rischiosi o illegali sul web. Il problema, insomma, va affrontato alla radice, perchè altrimenti si rischia solo di demonizzare il capro espiatorio di turno.

Al tempo stesso, va obiettivamente riconosciuto che a PornHub non fossero dei santi, e che non era troppo agevole disiscriversi dal sito, per quanto le segnalazioni dei video non consentiti o frutto di violazioni fossero gestite in modo relativamente funzionale, forse più focalizzandosi sulla violazione del copyright che sulla privacy dei singoli.

la schermata di default che appare attualmente su tanti dei video cancellati

Inquadrando la questione dall’inizio, tutto parte dalle accuse esplicitate nell’articolo di Nicholas Kristof sull’autorevole New York Times. Esse sono, certamente, un atto di accusa esplicito e durissimo, talmente senza precedenti che alcune delle cose scritte nell’articolo si sono avverate: ad esempio,il fatto che VISA e Mastercard chiudessero i rubinetti a PornHub. Cosa che – osserverei in prima istanza – ha evidentemente intaccato il suo modello di business, per quanto molti lo ritenessero poco etico (l’etica e la finanza raramente vanno a braccetto, al giorno d’oggi), impedendo anche a chi aveva caricato video legali di poter ricevere pagamenti, presumibilmente (non è un blocco solo ai fan del porno ed ai criminali: è un blocco anche rivolto a chi quel porno lo girava per mestiere). E a questo punto mi chiedo: come farà PornHub a pagare i vari model (nella buona parte dei casi, le pornostar ed i pornostar che siamo abituati a conoscere) senza avere un circuito di pagamento a supporto?

Significa che, grazie ad un’iniziativa del genere – sulla carta lodevole ed atta a contrastare stupri filmati, video di persone non consenzienti – si è passati da un eccesso all’altro: prima tutti potevano caricare su PornHub qualsiasi cosa (inclusi video di partite di calcio con ironico sarcasmo dei tifosi avversari, ad esempio), adesso nessuno sembra poter più fare praticamente nulla.

Ricordando anche che nei video porno legali, in genere, anche gli atti più perversi o violenti sono sempre (per via di una precisa legge USA) preceduti da un avviso: tutto quello che vedremo è fittizio, e tutti gli attori erano maggiorenni al momento delle riprese. Kristof, l’autore dell’articolo sul NYT, la mette per certi versi in modo corretto (PornHub era diventato un contenitore di qualsiasi contenuto, inclusi quelli pirata, e questo non poteva durare in eterno), in altri casi sostiene delle ingenuità tecnologiche per non dire peggio (non è fattibile vietare i download su Pornhub, come scrive lui, esattamente perchè non si può fare sul web: se una piattaforma vieta di fare i download di un video, in genere, è solo questione di tempo perchè qualche smanettone trovi e pubblichi un modo per farli scaricare lo stesso), in altri casi pubblica interviste effettivamente sconvolgenti a vittime di stupri o di video caricati più volte senza il loro consenso, ma il fatto di fare 2+2 e sostenere che Pornhub sia l’unico responsabile in tutto questo è abbastanza irragionevole, per quanto si debba riconoscere un certo permissivismo che sta facendo soffrire alla piattaforma gli stessi problemi avuti da 4chan e Reddit in passato. Questi comportamenti non sono stati commessi dal sito bensì mediante il sito (sembra una sottigliezza linguistica, ma è sostanziale), che di sicuro non è nemmeno l’unico sito a consentire abusi del genere (basti pensare il periodo in cui certi video illegali giravano su Telegram, ad esempio).

Le testimonianze sono ben documentate, certamente, ma l’articolo le pone in un unico calderone senza troppi distinguo, utilizzando artifici retorici (che Kristof padroneggia in modo eccellente) ma senza accorgersi, ad esempio, che sono citate sia testimonianze di persone non consenzienti che hanno trovato sè stesse in video porno che aveva fatto (il che è un conto, ed è chiaramente da biasimare) sia testimonianze di una ragazza che, ad esempio, aveva iniziato a vendere i propri video porno su Craiglist di sua spontanea volontà, un errore che le ha complicato l’esistenza e che, purtroppo, dimentica la regola prudenziale numero uno su internet, da noi più volte citata: su internet se una cosa finisce online, ci rimane per sempre. Senza ovviamente voler colpevolizzare le vittime, in altri termini, il punto da chiarire è che se quei video continuano a girare è colpa non di un singolo sito bensì del feroce frullatore quale è il web, che offre purtroppo fin troppi “luoghi” e “modi” in cui poter far circolare certi contenuti.

Come ho sempre sostenuto che Immuni servisse a poco nella pratica (ne ho parlato qui) per quanto avesse un ottimo intento (fornire agli esperti dati sui quali lavorare, peraltro), e che il suo problema non fosse la privacy ma la funzionalità effettiva (di fatto, richiedeva implicitamente che tutti gli italiani padroneggiassero la tecnologia, nello stesso paese in cui alcuni dirigenti faticano pure a leggere ed usare correttamente una semplice email), allo stesso modo ritengo che PornHub sia diventato un “bersaglio” fin troppo facile, neanche fosse la causa degli stupri (ed è difficile pensare il contrario, per quanto fosse ovvio che il modello basato sugli upload indiscriminati fosse destinato a collassare) e tutti gli altri video illegali (o presunti tali, a volte) presenti nella piattaforma stessa. Il che non la esenta da responsabilità, come è giusto, ed io mi permetto anche di ricordare che se VISA e Mastercard possono chiudere il rubinetto da un secondo all’altro con loro, possono fare potenzialmente lo stesso con qualsiasi altro sito online, sulla base di un principio personalistico che oggi, magari, esalta i vari scandalizzati o manettari di turno, ma domani potrebbe colpire anche i servizi che questi ultimi utilizzano.

Detta diversamente, esaltarsi per un atto di sostanziale censura oggi può soddisfare la “pancia” di tanti moralisti, ma domani le regole potrebbero cambiare e potrebbero ritorcersi contro quegli stessi “fan”. Quello che sostengo in secondo istanza, insomma, è che se oggi i due più grossi circuiti di carte di credito si sono sganciati da Pornhub, non è detto che domani non possano fare lo stesso anche su Ebay o Amazon, tanto per dire, dove il materiale illegale c’è pure, sia pur occasionalmente, beninteso, e di entità ben diversa da quella offerta da un sito di video per adulti.

In altri termini, mi chiedo: se ipoteticamente dovessero chiudere Pornhub, cosa secondo me non troppo probabile ma nemmeno impossibile, cosa risolveremmo rispetto ai nobili intenti dei promotori dell’iniziativa (a quanto pare ssss e sss, un ssss), cosa cambierebbe nel mondo? Constateremmo che uno dei colossi del porno è sparito con un semplice colpo di vento, o meglio con una rasoiata da parte di chi gli faceva da merchant (cioè gestiva i suoi pagamenti, VISA e Mastercard), che si appella a principi evidentemente di etica e di morale ma che, da sola, non può neanche avere la presunzione di salvare il mondo. Sì, perchè quei video non consenzienti saranno comunque diffusi altrove, a cominciare da Telegram a finire anche allo stesso Facebook, proprio perchè il problema non sono le piattaforme ma, molto più semplicemente, il fatto che esista gente spregevole la quale, su una piattaforma o su un’altra, certi atti li filmerebbe e li caricherebbe in un video sempre e comunque. È questo punto, ed in quest’ottica quanto avvenuto a PornHub è stato semplicemente essere usati come “capro espiatorio”, senza che ciò li renda vittime, beninteso: e diciamo questo perchè, ad esempio, avrebbero dovuto effettuare il repulisti di cui sopra silenziosamente, periodicamente (se il problema c’è stato fino ad oggi, si potrà ripresentare domani), mantenendo più pulita e meno “anarcoide” la piattaforma.

Di leultime.info

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