Quando il padre della psicoanalisi, Sigmund Freud, scrisse le sue teorie sull’interpretazione dei sogni credo non potesse immaginare che, con trascorrere degli anni, la psicoanalisi diventasse tanto popolare quanto è riuscita a diventarlo oggi. Per quanto le sue teorie non vengono universalmente accettate (specialmente da alcuni sociologi), fanno parte dell’immaginario culturale collettivo anche di chi, in molti casi, non ha intrapreso i suoi studi, e di sicuro la psicologia – come la filosofia, del resto – sono discipline speculative che, per quanto apparentemente poco pratiche, hanno dato il loro contributo a diversi livelli per provare a migliorare, se possibile, la nostra turbinosa società attuale. In questo ambito l’interpretazione dei nostri sogni è senza dubbio affascinante: quello che sogniamo non è controllabile in alcun modo, molti di noi sognano e non ricordano di averlo fatto, spesso incubi e sogni gradevoli accompagnano le nostre notte, svegliandoci, turbandoci e via dicendo. In molti casi, in effetti, essi finiscono per riflettere le nostre paure, i nostri desideri più profondi o inconfessabili, e in molti casi I nostri tabù. Le cose che non avremmo mai il coraggio di fare (e che in fondo vorremmo), nei sogni riescono a diventare realtà, seppur per pochi minuti; ed è una grande cosa, come scrive ironicamente il giornalista Massimo Fini, che in certi casi “sognare non è ancora proibito, almeno ufficialmente“.
Ci sono molti di noi che hanno dei sogni ricorrenti: è il caso di chi scrive ad esempio, mi è capitato di averne due o che ho fatto più volte: uno di quelli che preferisco era un thriller vero e proprio (o quasi) in cui era pero’ presente, dopo un paio di volte che lo facevo, un lieto fine. Mi capitava di sognare che degli estranei entrassero in casa mia minacciando la mia famiglia, e senza che potessi farci nulla. Dopo aver visto questa storia tre o quattro volte senza riuscire, nel mio sogno, a fare nulla (e quasi sempre svegliandomi un po’ prima di essere aggredito dai balordi), l’ultima volta che ho fatto questo sogno ricordavo, improvvisamente, dalle volte precedenti: vedevo per tempo da quale porta sarebbero entrati, e – neanche fossimo in un film di Rob Zombie – riuscivo a fermarli, utilizzando modi particolarmente violenti quanto efficaci. Probabilmente Dario Argento sarebbe stato orgoglioso di me, nel sentire questa storia, o magari sarei diventato il suo sceneggiatore di fiducia (ok, lo ammetto: forse si sarebbe solo messo a ridere) ma in ogni caso non vi preoccupate, nella realtà non sono poi così pericoloso socialmente – anche se questo è un altro discorso.
Torniamo al discorso onirico, pero’: sognare di tornare a scuola è un altro dei miei sogni ricorrenti, che continuo a a fare ancora adesso, ed è spesso unito alla sensazione di essere impreparato per l’interrogazione. Devo dire che a scuola studiavo sempre, anche se – per via delle tant passioni che coltivavo già all’epoca, tra fare teatro amatoriale, ascoltare heavy metal e guardare tanti film – a volte non lo facevo esattamente come avrei dovuto. Del resto che la scuola abbia portato e lasciato in molti di noi un senso di ansia e preoccupazione non dovrebbe nemmeno essere una novità: il rituale scolastico era lì ad aspettarti ogni giorno, tra interrogazioni a sorpresa, compiti in classe, feste tra compagni di classe, bullismo, amici che mi sono rimasti fino ad oggi, professori che non ricordano più di me (mentre io li ricordo ancora bene) e tanto altro ancora.
Perchè, allora, si sogna di essere ancora a scuola, pure se abbiamo trenta o quarant’anni suonati (come nel mio caso)? La risposta che mi sono dato, e non serve leggere psicoanalisi per capirlo, è che quei ricordi ci hanno segnato, sono rimasti dentro di noi e sono sostanzialmente non risolti: a differenza della storia cupa che ho raccontato all’inizio, in altri termini, non ho mai davvero superato quella paura e quel senso di colpa, il fatto di vedere gli insegnanti come dei “capi” da non contraddire in nessun caso (la vostra esperienza scolastica è stata pure così dura?). Un genitore di oggi che fa un sogno del genere potrebbe effettivamente rimanere perplesso, ed averlo come incubo personale perché legato al pensiero della prole che a scuola non va benissimo (succede, nulla di grave!); magari nel suo caso lo sta facendo perché sta pensando di mandare il proprio figlio a ripetizione. E forse farebbe addirittura bene a farlo, prima che la propria prole si ritrovi ad avere a sua volta quel sogno ricorrente di tornare sui banchi, a farsi interrogare mentre siamo distratti da mille ammennicoli tecnologici, che ai nostri tempi (è proprio il caso di dire) non c’erano.
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