Diciamocelo, ognuno di noi qualche volta nella vita ha avuto, almeno per un attimo, il desiderio di essere sovrano incontrastato di un regno, reale o immaginario. Quando si è bambini questa volontà viene ispirata dal gioco e dall’infantile disamina del mondo che ci circonda, negli adulti invece la volontà di regnare incontrastati può essere generata da almeno tre fattori: una visione disillusa della realtà politica che ci circonda, la ricerca di pubblicità a scopo di lucro, oppure, come acccade nei bambini, per gioco o burla. Soprattutto a partire dagli anni cinquanta del secolo scorso, un po’ in tutto il mondo (soprattutto occidentale), alcuni personaggi hanno preso alla lettera questa loro tendenza a sentirsi “re di qualcosa” e hanno dato vita a fantomatici regni e repubbliche, locati nei posti più improbabili, spesso popolati dai soli sedicenti governanti.
Ovviamente, la consuetudine e la prassi internazionale vogliono che una nazione, per essere definita pienamente tale, debba ottenere il riconoscimento internazionale da parte di altre nazioni. Ma in molti hanno ignorato questo non trascurabile particolare burocratico, e hanno continuato comunque a vivere il loro sogno di diventare sovrani. E alcune volte le cose sono andate in maniera del tutto inaspettata.
Principato di Sealand
Ecco quindi che nel 1967, al largo della costa orientale dell’Inghilterra, all’interno delle acque territoriali britanniche, tale Paddy Roy Bates, ex militare e titolare di alcune radio pirata, insieme ad un pugno di familiari e amici, occupa una piccola piattaforma artificiale costruita a scopi difensivi durante la seconda guerra mondiale, e la dichiara stato libero e indipendente sotto il nome di Principato di Sealand di cui, ovviamente, si autonomina sovrano. La cosa comica è che a causa di un pastrocchio legale e burocratico, l’anno seguente, una corte Inglese dichiarò di non avere nessuna giurisdizione sull’area, e quindi mai nessun contingente di polizia britannico è andato a sgomberare la piattaforma che quindi è tutt’ora abitato da alcuni seguaci di Bates a cui, dal 1999, è succeduto alla regenza il figlio.
E se tutto ciò non è già abbastanza comico, prestate attenzione a cosa avvenne nel “territorio” di Sealand nel 1978. Dovendo tornare a terra, Bates, lasciò momentaneamente le chiavi del “governo” al primo ministro Alexander Achenbach, cittadino tedesco nel “mondo normale”, il quale, approfittando della “vacatio” causata dall’assenza di Bates sulla piattaforma, con l’aiuto di alcuni cittadini olandesi, mise in atto un “colpo di stato” e si impadronì della piattaforma e della “nazione”. Bates non si perse d’animo e ingaggiò alcuni mercenari che, a bordo di un elicottero, arrivarono sulla piattaforma e ne ripresero il controllo per nome e conto del “legittimo” sovrano.
I rivoltosi vennero fatti prigionieri e, dopo qualche giorno, rilasciati tutti ad eccezione di Achenbach, condannato per “alto tradimento”. Il paradosso ha voluto che, in virtù della sentenza della Corte Inglese del ’68, il governo britannico si lavò le mani della vicenda e il governo tedesco, per ottenere il rilascio del suo connazionale, fu obbligato a mandare un ambasciatore sulla piattaforma. La missione diplomatica tedesca ebbe successo e Achenbach ottenne il rimpatrio, ma una inaspettata vittoria burocratica la ottenne il Principato di Sealand che, avendo avuto una trattativa diretta sul suo “territorio” con un ambasciatore di una nazione pienamente riconosciuta quale, appunto, la Germania, da quel momento in poi ha utilizzato questo precedente diplomatico accampandolo come prova dell’avvenuto riconoscimento internazionale del Regno. Sta di fatto che, tutt’oggi, Sealand, seppur la piattaforma artificiale che ne costituisce il territorio stia letteralmente cadendo a pezzi, è occupata da una presenza fissa di “cittadini residenti”, batte moneta, emette francobolli e passaporti e, soprattutto, continua ad esistere, nonostante nessun burocrate esperto di diritto internazionale sia disposto a dichiarare l’effettiva legittimità giuridica del Principato.
Sealand è l’esempio più noto e longevo di micronazione, nonchè, per come abbiamo visto poc’anzi, quella più vicina ad aver ottenuto uno status di nazione riconosciuta. Ma non è l’unico esempio. In questa sede non prenderemo in esame quelle nazioni, come ad esempio la Transnistria o il Nagorno Karabakh, che hanno uno status più serio e complesso da esaminare e di cui ci occuperemo in un altro momento ma, brevemente, illustreremo alcuni degli esperimenti “pseudo-nazionali” che si sono verificati nel tempo in Italia.
Principato di Seborga
Il caso più noto all’interno dei nostri confini è quello del Principato di Seborga, il cui territorio di meno di 5 chilometri quadrati, coincide con quello dell’omonimo Comune di trecento anime in provincia di Imperia. Qui, tale Giorgio Carbone (Principe Giorgio I per i seborghini), negli anni cinquanta, iniziò a vantare per il comune in cui risiedeva un fantomatico status di Principato autonomo, risalente al medioevo, affermando che, di fatto, lo stesso non sarebbe mai stato ufficialmente annesso nè al regno di Sardegna prima, nè al regno d’Italia e conseguentemente alla Repubblica, poi.
Così, forte di un discreto appoggio popolare che – un po’ per diletto, un po’ per effettiva pubblicità che tutto il comune (perchè tale è, de jure e de facto un Comune della Repubblica Italiana con regolare Sindaco eletto in nome del popolo italiano e presidio dei Carabinieri) stava ottenendo – lo ha lasciato fare, e così, il buon Giorgio Carbone, dopo essersi fatto elegere Principe, ha allestito un palazzo reale, istituito un comando di guardie reali (poco più di guide turistiche, mascherate e ovviamente disarmate, nella realtà), ha iniziato a far battere moneta, produrre francobolli, rilasciare passaporti e nominare bislacchi corpi diplomatici internazionali con tanto di consoli e ambasciatori che, ovviamente, interpretano solamente un ruolo in questa redditizia attività pubblicitaria (anche se pare che alcuni di questi figuranti non siano del tutti al corrente che solo di questo si tratti). A Giorgio I, dopo la sua morte avvenuta nel 2009 e a seguito di una serie di vere e proprie congiure di palazzo degne del Trono di Spade, nel 2019 è subentrato in qualità di Principe Marcello Menegatto, Alias Marcello I, e il gioco è ricominciato…
Repubblica dei Piani Sottani
Risale invece al 1950 la nascita della Repubblica dei Piani Sottani, in provincia di Matera, in una frazione del comune di Grassano. Qui, il contadino Michele Mulieri, reduce e reso invalido dalla guerra appena finita, a seguito di una serie di ingiustizie che la politica gli avrebbe causato a cominciare, appunto, dalla scarsa assistenza ottenuta in seguito alla ferita di guerra che lui definiva “infortunio di Patria”, alla nascita dell’ultimogenito, il 7 marzo 1950, convocò arciprete, sindaco e maresciallo del comune di Grassano comunicandogli che non avrebbe icritto all’anagrafe italiana il neonato e dichiarando, nel contempo, la nascita della Repubblica dei Piani Sottani, sita in un terreno di quattromila metri quadri di sua proprietà, dove risiedeva insieme ai familiari, nell’omonima frazione del comune del materano. Da quel momento Mulieri visse la sua utopia nella sua terra, isolato e abbandonato dal resto della collettività cui non lesinava attacchi e ingiurie per mezzo di alcuni tabelloni che affiggeva ad un quadrivio che attraversava il territorio del suo “stato”. La “repubblica” non ebbe alcun successo nè risonanza mediatica e la sua esperienza terminò, così com’era esistita, nell’indifferenza generale (a partire da quella dei suoi concittadini di Grassano) con la morte di Mulieri.
Ci piace però ricordare la storia di Michele Mulieri perchè è una storia figlia di quell’Italia meridionale, ingenua e contadina, che non aveva (e forse continua a non avere) i mezzi politici, culturali ed economici per poter affrontare le nuove sfide della Repubblica, quella vera, con Roma Capitale.
Isola delle Rose
Altro caso eclatante di micronazione nata nei confini italici è la cosidetta Isola delle Rose, nome ufficiale “Repubblica Esperantista dell’Isola delle Rose“. Le vicende dell’Isola delle Rose ripercorrono quasi in toto quella di Sealand. Anche qui la protagonista della storia è una piattaforma artificiale al largo di Rimini, in acque territoriali italiane. A partire dagli anni ’50, l’ingegnere Giorgio Rose, iniziò a ideare una sorta di palafitta abitabile da costruire nel mar Adriatico. Con il tempo riuscì a realizzarla ed essa divenne meta di turisti e curiosi. Così, nel 1968, Rose dichiarò la sua costruzione Repubblica autonoma con lingua ufficiale l’Esperanto. Il Governo italiano ebbe un atteggiamento molto più intransigente rispetto a quello Britannico con Sealand e, avendo fiutato che la sedicente Repubblica era solo un escamotage di Rose per eludere il pagamento delle tasse da parte dei turisti che andavano a visitare la piattaforma, fece intervenire le forze dell’ordine che prima sequestrarono l’impiantoe l’anno dopo lo demolirono. La vicenda della micronazione ha ispirato il film “L’Incredibile storia dell’Isola delle Rose” del 2020.
Nel mondo, ormai, le micronazioni si contano a decine e si trovano in tutti i continenti senza che nessuna di loro, ovviamente, abbia mai avuto alcun reale riconoscimento politico. Alcuni, come i governanti della micronazione (o forse sarebbe meglio dire Meganazione”) di Asgard, dichiarano che il loro regno sia l’intero universo ad esclusione della Terra, altre hanno per territorio un solo edificio o una sola stanza.
Tutte hanno in comune una cosa: la volontà dell’essere umano di sentirsi Re, anche se solo di un’isola che non c’è.
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