Questo articolo è scritto da un carnivoro impenitente, d’accordo? Premesso questo, passiamo subito al sodo.
Vi è mai capitato, in veste di onnivori, di avere una discussione accesa con un vegano, un vegetariano o un animalista convinti? A parte alcuni casi illuminati, è un dramma – anche se di eccezioni ne registro tante, tra le persone che conosco. IN genere è una tragedia: la discussione, il confronto, sono falsati in modo pregiudizievole ed irrimediabile.
Con questa mia argomentazione non voglio attaccare nessuno personalmente, tantomeno travestirmi con la ridicola ipocrisia di chi dice
“figurati ma io ho tanti amici gay / lesbiche / vegani / interisti / metallari e so bene che non sono tutti depravati / fondamentalisti / sfigati / satanisti“.
Intendiamoci, comunque, che il mio posto ha un intento naturalmente polemico, questo perché l’argomentazione credo non si possa svolgere in un modo diversa: sono gli interlocutori contro i quali mi rivolgo, del resto, ad aver voluto radicalizzare la cosa. In effetti non c’è scampo: se uno è vegano, ad esempio, è difficile che possa accettare vie di mezzo nel suo regime alimentare, giusto?
Per cui già per definizione considera (perchè se non lo facessere non sarebbe coerente) tutti, e sottolineo tutti i carnivori, dei figli di puttana, c’è poco da fare. Almeno, per capirci, lo hanno fatto loro stessi in larga parte – e mi scuseranno gli amici a cui manderò questo articolo che mi conoscono, e sanno che non sono esattamente uno dall’aggressività latente o facile.
Il vegano NON ti da’ una mano
Quando ti capita di parlare a pranzo, ad esempio, con un vegano convinto – nella migliore delle ipotesi dirà che tu, mangiatore di carne, sei un patetico assassino, un figlio di buona donna che non si vergogna di quello che sta facendo e – soprattutto – che non puoi capire le sue argomentazioni, perchè le ha lette sul web che è il mezzo usato dalla ggiente – o perchè la carne fa venire i tumori, lo dice quel dottore che ha venduto libri che non ricordo più il suo nome.
Perfetto.
Cosa rispondono gli onnivori/carnivori?
In più occasioni mi è capitato di mettermi nella situazione sgradevole di controbattere a questo genere di argomentazioni: cosa che trovo profondamente sbagliata, a posteriori, e non risolvibile per definizione. Pur senza evocare Socrate che la sua proverbiale atarassìa, del resto, senza andare a scomodare Darwin per il fatto che l’uomo si nutre di carne dalla sua comparsa sulla terra, o il fatto – non da poco – che le abitudini alimentari sono un fatto locale e culturale, per cui non ha senso (a mio umile avviso, s’intende) imporre diktat assoluti contro di esso. Premesso tutto questo, sono dell’idea che le discussioni sulle abitudini alimentari di ognuno siano inutili.
Visto che bella contraddizione, rispetto al punto di partenza? Merita di essere approfondita per capire meglio, e arrivare finalmente agli amatissimi pesci oggetti dell’articolo.
Essere vegani o vegetariani è inutile (forse)
Con tutto il rispetto per gli animalisti, ovviamente, dei quali condivido le battaglie ad esempio contro le pellicce (un’abitudine snob che ha finito per riportarci all’età della pietra in giacca e cravatta), mi concentro a parlare più che altro di vegan e vegetariani (i secondi non mangiano carne, i primi nè carne nè derivati quindi nemmeno uova o latticini, come saprete). C’è qualcosa che non quadra, secondo me, nel loro modo di concepire il cibo.
Discutere con un vegano o un animalista radicale in genere spesso è inutile per due motivi fondamentali.
- Il primo è legato al fatto che cambiare le abitudini alimentari di un singolo, a meno che non siate dei dittatori di una realtà distopica in grado di manipolare le scelte altrui con la mente, non serve a modificare l’andazzo generale degli allevamenti e delle macellazioni indiscriminate; quindi che senso ha, mi chiedo? Ma fin qui potrebbe essere disillusione, semplice e pura miopia da parte mia. Il vero problema, in effetti, è il punto successivo.
- La mia seconda sensazione – e non sono affatto compiaciuto di constatarlo, credetemi – è che molti degli attuali vegani animalisti e/o vegetariani lo siano nella peggiore delle ipotesi per lavarsi la coscienza, nella migliore per sentirsi parte di uno stile di vita alternativo o (secondo loro) autenticamente “sano”. Le virgolette sono d’obbligo: se si parla di alimentazione sarebbe opportuno chiedere il parere di un nutrizionista qualificato o “addirittura” un medico. Almeno, credo che ne sappia di più lui che un allevatore o di un ingegnere gestionale.
E del tonno, a chi importa?
C’è un’altra cosa di cui voglio parlare che credo che sia davvero importante: avete mai sentito qualcuno inorridire per chi mangia del pesce? Io personalmente no, ed è una cosa che non sono mai riuscito capire del tutto. A qualcuno importa dei tonni e dei merluzzi? Chiedo questo perché mi sono dovuto sentire in colpa innumerevoli volte davanti a succulenti hambuger (non vegani), davanti a pizze con salsicce e patate (ad esempio) e davanti a quasi tutto quello che non rientrava nella dieta che, in mente al mio interlocutore di turno, era inaccettabile. Raramente, credo forse mai, qualcuno mi ha rimproverato pubblicamente per aver mangiato una tagliata di tonno (piatto che amo alla follia, per inciso, specie se a metà cottura).
Il tutto in difesa delle vacche, degli agnelli (non quelli della Juventus), dei cavalli, dei vitelli, financo dei poveri cani che – come Fracchia ha insegnato agli italiani nel celebre film – vengono addirittura cucinati in Cina. Ma ripeto, trovo paradossale che la preoccupazione sia focalizzata sul vitellino, sul porcellino o sul pollo che è stato tenuto in gabbia stretta e che muore giovane, mentre nessuno si preoccupa dei pesci.
Vi risparmio la consueta argomentazione sulla morte degli insetti, per inciso, perchè la trovo banale: senza voler tirare in ballo i poveri insetti, che vengono uccisi a milioni ogni giorno, lì comunque il problema non si pone perché credo in pochi, almeno nella nostra nazione, si sognerebbero di mangiarli.
Il “problema” è solo se gli animali gridano di dolore?
Riassumendo: secondo me il problema è che quegli animali prima di morire urlano spaventosamente (e giustamente), quando vengono uccisi, e questa cosa finisce per fare molto snuff, Hostel o Cannibal Holocaust (il film maledetto, ovviamente, per gli animalisti). Una volta, ad esempio, ho visto uccidere un coniglio in diretta, e vi garantisco che non è una bella cosa da vedere, anche da onnivoro (anche perchè viene spellato vivo, il più delle volte). La cosa che fa paura è che il coniglietto urla, quando viene ucciso.
Il pesce invece no: è muto, suo malgrado, quindi morirà soffocato in una rete quando meno se l’aspetta, in silenzio. Eppure su quest’ultimo punto non ho mai sentito reali argomentazioni in difesa dei pesci: magari la verità è che, parafrasando un celebre cult movie di cinquanta e passa anni fa, in fondo al mare nessuno può sentirti urlare. In un allevamento o dentro una gabbia, invece sì – e non vorrei che l’immagine di un pollo chiuso in una gabbia minuscola o un agnello macellato brutalmente siano, per l’appunto, solo ed esclusivamente immagini con cui fare puro (ed inutile) sensazionalismo.
I pesci sono pure importanti, eh
I pesci dovrebbero essere simpatici a queste categorie di persona, e sono sicuro che a vegani o vegetariani importi abbastanza, se ci pensano: magari, pero’, fa più sensazione – ecco perchè parlo di sensazionalismo – fare una campagna (che cito a memoria e che dovrebbe essere animalista) in cui si scriveva:
“se mangi una mucca perchè non mangi il tuo cane“
argomento capzioso e strumentalizzante, che peggio non si può. Da noi, per tradizione e cultura, il cane non si mangerebbe comunque.
A volte è semplice pupazzismo
A questo punto la mia sensazione, orribile, è che davanti ad uno spezzatino di Bambi tutti questi moralisti da cibarie inorridirebbero, giustamente, mentre davanti a una succulenta tagliata fatta con la parte inferiore della Sirenetta nessuno direbbe nulla o quasi. Uso l’immagine dei cartoni animati per un motivo preciso: perché ho la sensazione che molte forme di animalismo e veganismo (quelle poco illuminate, ripeto, o troppo condizionate da siti internet complottisti) siano frutto di quello che chiamo “pupazzismo“, ovvero essere dispiaciuti per animaletti carini e dall’apparenza gentile (chi ammazzerebbe davvero i tre porcellini?).
La vera anima di molto veganismo e animalismo pertanto, e purtroppo, mi sembra di facciata, legata ad un immaginario vuotamente orrorifico (NON MANGERESTI MAI IL TUO GATTINO – ok, ma se punti allo shock emotivo non convinci nessuno: le campagne anti-abortiste con feti bene in vista, ad esempio, erano valutate semplicemente di cattivo gusto).
Ma quel punto emerge di nuovo chiaramente, secondo me, che ciò che ci inorridisce sono le urla di dolore, i mattatoi, mentre invece se un pesce muore soffocato uscendo forzosamente dall’acqua non fa rumore – quindi chi se ne frega, in un certo senso.
È davvero il rumore, l’urlo a darci fastidio e disturbare e risvegliare le coscienze? Nient’altro davvero? Abbiamo ridotto solo a questo la dialettica sull’argomento? Quando ho scritto all’inizio che era inutile parlarne…
Conclusioni: anti-cultura dell’orrido
La mia sensazione rimane quella che il tutto sia frutto di una anti-cultura dell’orrido: non fate questo perchè con la carne si muore di tumore, viene la gotta (malattia nota da secoli e che sembra più minacciosa, in mano ad un vegan o simili), mattatoi splatter e gabbie minuscole. La stessa anti-cultura (anti nel senso che vive del gusto di contraddire la maggioranza senza pero’, secondo me, convincere) che tende permeare molte visione radicale della religione, che usano spesso immagini truculente per rafforzare la propria fede.
Se da un lato non ho nulla da eccepire alla libera scelta di ognuno, ovviamente, ho parecchio da eccepire quando queste scelte vengono minacciosamente agitate contro chi quelle scelte non ha tempo, voglia o desiderio di farle. Fate quello che vi pare, ma evitate di darci degli assassini, per cortesia.
Probabilmente se riuscirete, vegan, animalisti o vegetariani, a superare un certo tipo di radicalismo (se e quando c’è, non mi stancherò mai di ripeterlo), la causa animal-vegana (in fondo, al netto di certi estremismi insopportabili, per certi versi sensata – soprattutto in termini di ridiscussione di un modello economico che impone, ricordiamolo, la macellazione degli animali come motore principale) riuscirebbe ad avere molta più presa e credibilità nella vituperata “opinione pubblica”.
Se non altro, sarebbe distinguibile dalla parodia di una religione – come è diventata purtroppo per troppe persone che dicono di abbracciarne la causa.
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