Forse sei passivo-aggressivo e non lo sai

Se è vero che si tratta di una delle attribuzioni più frequenti da effettuare, è anche (forse) una delle più abusate, capite solo in parte e soggette ad errori di valutazioni di vario genere. Il collega o l’amico (e addirittura il partner, a volte) passivo-aggressivo potrebbe attentare alla nostra autostima e farci venire dubbi subdoli e inesistenti.

Attenzione: questa guida non è stata scritta da uno psicologo. Se hai problemi che ti assillano su questa falsariga potrebbe non bastarti leggere questo articolo. Chiedi sempre un parere ad  un professionista o ad un terapeuta, per maggiore sicurezza.

A volte sono infastidito dall’atteggiamento di un mio collega. Di per sè, non fa nulla di male: mantiene un atteggiamento misurato, è quasi sempre alla mano e addirittura amichevole, in alcuni casi. Ma in varie circostanze tende a provocare di soppiatto: assume un atteggiamento che rimane neutro ma provoca pesantamente, ad esempio mediante battute razziste o molto sbroccate. Se gli fai notare che sta esagerando, ti lapida dicendo che sei troppo permaloso. E nel frattempo rimane calmo, tranquillo, imperturbabile. Un atteggiamento tipico, a quanto pare, del cosiddetto passivo-aggressivo. Un atteggiamento che può essere patologico (anche se spesso non lo è) e che indica che la persona in questione fatica a rapportarsi con la propria stessa rabbia, forse per via dell’educazione repressiva che ha ricevuto o per motivazioni analoghe su questa falsariga.

I Griffin hanno ironizzato su questo atteggiamento in modo molto azzeccato, mostrando il Musical Passivo Aggressivo in cui il cantante protagonista provoca indirettamente la donna, alternando un atteggiamento dolce ad uno subdolamente provocatorio.

Odiosa – L’idea di stare senza te

Un barile – Di dolcezza, questo sei

Una terribile rovina – Se non sarai mia moglie

Pazza – La mia passione per te

 

Se vi riconoscete in una situazione del genere, è possibile che abbiate a che fare con un soggetto del genere passivo-aggressivo: un modo di comunicazione più diffuso di quanto si pensi, anche frequentemente presente in situazioni lavorative dove, al contrario, sarebbero richieste empatia e collaborazione. Di fatto, come consuetudine è considerato un vero e proprio disturbo mentale, per quanto poi non tutte le sue forme siano patologiche (in genere è uno specialista a fare valutazioni in merito) e si possa trattare anche essere semplici atti occasionali. È altresì possibile, da quello che suggeriscono su molti blog specialistici, che l’atteggiamento sia del tutto inconsapevole da parte della persona che ne abusa.

L’atteggiamento passivo aggressivo è caratterizzato da una forma di ostilità sottintesa verso gli altri (ad esempio un collega che concorre per una promozione, oppure che vorrebbe primeggiare a discapito di un altro, o ancora che teme il giudizio negativo altrui), ostilità che pero’ non è esplicita, bensì è subdola o velata come nella canzone di cui sopra.

Esempi classici di passività aggressiva includono:

  • negazione della propria ira come incapacità di avere a che fare con sentimenti negativi;
  • tendenza al boicottaggio nel proprio lavoro come forma di insofferenza verso i propri superiori;
  • tendenza a lasciare deliberatamente incompleto un lavoro, come ulteriore forma di boicottaggio occulto;
  • quando messi alle strette, accusare l’altra parte di essere troppo perfezionista e poco elastica, o ancora chiusa mentalmente;
  • riportare insulti travestiti da complimenti, sei bello nonostante qualche chilo di troppo (sei grasso/a), potresti migliorare sul lavoro nonostante tu non sia più un ragazzino => sei troppo vecchio per migliorare
  • se una persona si lamenta o soffre per colpa delle sue offese, risponde minimizzando ed auto-assolvendosi che era solo uno scherzo, accusando implicitamente l’altro (anche qui, con modalità passivo-aggressive) di essere permaloso;
  • rispondere laconicamente “niente” alla domanda “che cos’hai?“, o ancora non rispondere affatto (i silenzi sottintesi di rabbia o astio sono abbastanza tipici di questi casi).

Il passivo aggressivo usa poco le parole e sembra prediligere le forme indirette: evita pertanto (e anzi rifugge) la comunicazione diretta, ricorre spesso al silenzio e all’inazione, utilizza un linguaggio verbalmente eccessivo (molto spesso ricco di eventuali oscenità o volgarità) e tende a rinfacciare di essere permalosi a chi “osi” farglielo notare. Non solo: tende a defocalizzare o rinviare i propri compiti, diventa vago quando gli vengono assegnati, malvede l’autorità ed i superiori, al tempo stesso tende ad ingraziarseli salvo poi parlarne male in loro assenza. Un bel tipo, insomma, per un comportamento che generalmente è molto difficile da gestire in sede lavorativa e tende a provocare disagio e inefficenza sul luogo di lavoro.

C’è anche da specificare che, dal punto di vista psicologico, non sembra esistere uniformità di giudizio nella definizione della passività aggressiva, che spesso è semplicemente un “tatticismo” per alcuni tipi di persone (tendenzialmente manipolatrici o poco sincere) che usino ad esempio provocazioni calcolate, subdole e non esplicite al fine di maltrattare o raggirare gli altri. Alcuni segni specifici del passivo aggressivo nel senso proprio del termine includono, ad esempio, l’ostracismo nei confronti delle richieste altrui, l’introduzione di errori intenzionali in risposta a richieste specifiche, un’attitudine cinica, un numero di lamentele periodiche sull’essere a sua volta oggetto di inganni o sottovalutazione.

Come affrontare un passivo-aggressivo?

Fronteggiare un passivo aggressivo senza fare il suo “gioco” è difficile, e richiede spesso una buona dose di lavoro su se stessi per poterlo fare (oppure usare l’arma dell’ironia o della cosiddetta ). Il gioco di potere dal passivo aggressivo dovrebbe pertanto essere smorzato o interrotto con la chiarezza, ma senza l’ostilità che verrebbe anche naturale: io, ad esempio, riesco in genere a gestire un paio di colleghi che fanno in questo modo usando l’ironia (non sempre è possibile o agevole farne uso, ovviamente) oppure ricorrendo alla comunicazione diretta, della serie: fare presente all’altra persona che sta assumendo un atteggiamento che a noi da’ fastidio.

Credo di aver conosciuto una quantità impressionante di passivo-aggressivo che rispondevano, chi più chi meno, alle dinamiche provocatorie di cui sopra, e sono abbastanza convinto (da profano) che non fossero del tutto assimilabili a questa categoria. In molti casi erano semplicemente aggressivi e basta, o magari subdolamente aggressivi: e per me, che amo parlare chiaro ed essere trasparente, l’unico modo per affrontarli è provare a distaccarmi da ciò che dicono (in fondo, penso spesso, sono solo parole e non hanno certo loro la verità in mano).

Nulla di male nel farlo, a patto che non venga tirata fuori a nostra volta l’aggressività che il passivo-aggressivo si aspetta che noi tiriamo fuori per il suo personale “divertimento” (fonte).

Di leultime.info

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