Oggi la blogger Giulia Quaranta Provenzano ci propone un focus d’approfondimento su Skare. È possibile visionare il profilo Instagram di Thomas Casu cliccando su https://instagram.com/skare.official?igshid=MzRlODBiNWFlZA==      

Ciao! Nella nostra prima chiacchierata hai affermato che <<(…) starei ore e ore a parlare della mia passione per la musica e soprattutto di quanto essa sia la mia ragione di vita. È proprio la musica ad avermi salvato e continua a farlo… se non ci fosse lei, probabilmente, la mia esistenza disastrata si sarebbe trasformata in un countdown di autodistruzione>>. Te la senti di raccontarci più nello specifico come mai già a 6/7 anni d’età – citandoti – la tua quotidianità era caratterizzata da paure di qualsiasi tipo, timori che ti hanno portato a sentire dentro te un’angoscia indescrivibile? “Ciao Giulia! Parlando di paure, esse mi sono state inflitte come una lancia nel cuore… si tratta e si è originato tutto dalla distruzione di amicizie che pensavo, erroneamente, che fossero reali e di prese in giro da parte di persone che invece adesso mi cercano. La mia paura non era quella di rimanere solo, tant’è che infatti lo ero sempre, ma era proprio quella di portare all’interno della mia vita persone sbagliate e che avrebbero potuto distruggermi (lasciandomi sconfitto). Sono cresciuto imparando i valori della vita in fretta e imparando le regole della strada, mi si sono catapultato dentro senza pensarci, e adesso le mie paure non ci sono più – rimane soltanto un brutto ricordo d’esse e null’altro”.

So che hai cominciato a scrivere proprio a 6/7 anni d’età e che, nel fare ciò, decidesti di trovarti uno pseudonimo – che ricadde sul nome “paura”. Quali erano le tue riflessioni più ricorrenti da bambino e qual è stato il motivo della tua esigenza d’uno pseudonimo appunto e cioè come mai non hai, piuttosto, più semplicemente composto le tue poesie e annotato i tuoi pensieri senza firmarli (dacché tanto appuntasti tutti i tuoi testi su un tuo quadernino privato e non per la pubblicazione)? “Quando avevo 6/7 anni d’età, decisi di trovarmi uno pseudonimo non appena sentii il bisogno di riconoscere la mia realtà interiore. Non avevo bisogno di compassione, avevo bisogno di stare solo e ciò l’ho capito solamente ora. Nel mio quaderno, in tutti i miei testi, citavo sempre le mie paure e le mie difficoltà… e – a un certo punto – capii che per togliere tale parola, “paura” appunto, dai miei scritti dovevo inserirla da un’altra parte (così da togliermela davvero dalla testa e lasciare andare il mio percorso di vita per la sola e unica strada a cui è sempre stato destinato)”.       

La scelta di adottare uno pseudonimo è stata una decisione identificativa, che è conseguita alla luce della presa di consapevolezza del fatto che sei quale tipo di persona? O ha funto – per ciò che ti riguarda – da maschera al fine di proteggere l’autenticità e le fragilità celate nel tuo profondo e che non volevi e non vuoi neanche adesso esternare pubblicamente oppure ancora, invece, è servita come primo tassello di un puzzle volto a contraffare la tua personalità (fino a renderne impossibile il riconoscimento) in vista magari della fama e di un’immagine pubblica attualmente di più largo e ampio “successo”? “Il motivo che mi ha indotto a scegliere e ad adottare uno pseudonimo non ha mai avuto quale ragione costitutiva della mia decisione il raggiungimento di un vero e proprio scopo, volevo semplicemente rappresentare il momento. Il nome d’arte Skare è l’avvio di un lungo inizio che mi auguro che mi porterà a percorrere un lungo percorso, percorso nel quale metterò in ballo tutta la mia sincerità e le mie capacità in modo tale da costruirmi un mio pubblico… ossia gente che sarà in grado di capire i veri valori nascosti nella mia musica”.        

Hai sottolineato che – citandoti nuovamente – non hai mai vissuto dei bei momenti, nemmeno da bambino, ma che hai iniziato presto ad ambientarti in quello che è il mondo della musica. Già durante la tua infanzia, infatti, ti sei trovato a dover fare i conti con un interminabile susseguirsi di brutti periodi. Hai sofferto di bullismo e te ne sei però tirato fuori con la più grossa delle tue paure (che è quella che, pure oggi, hai ancora), ossia te stesso. In che senso, su quale fronte e perché hai timore di Thomas Casu? Ho timore di me stesso non per quello che potrei fare in quanto Skare, ma di quello che potrebbe fare Thomas qualora iniziasse a ragionare con la parte sbagliata della propria persona… con la parte che cioè non ho fondato io-Skare piano piano, ma con quella che hanno creato coloro i quali hanno fatto soffrire proprio Thomas. Far soffrire una persona è sbagliato e dunque ha la mia comprensione chiunque si trovi in una spiacevole situazione del genere, comprenderei infatti se costui facesse qualche sbaglio, per poi pentirsene dopo qualche anno”. 

Hai poi ammesso che <<(…) Ad un certo punto sono scoppiato, proprio come una bomba nucleare che è rimasta inesplosa per anni e anni. Diventai un pericolo non solo per me stesso, ma anche per le altre persone. Se dovessi nominare un colore che rappresenta, in modo coerente, quello che ho passato e che sto passando tuttora sceglierei il nero. Per motivarmi, in positivo, tuttavia opto per il bianco perché lo considero un simbolo di speranza. So che un giorno ogni cosa si sistemerà e vedrò appunto quella tanto desiderata, nonché da me attesa da tantissimo tempo, luce bianca di serenità>>. Ebbene quali sono le azioni pericolose per te e per la gente intorno a te alle quali alludi nella sopra-riportata frase, mentre come stai reagendo oggi alle difficoltà che ancora si presentano imperterrite sul tuo cammino? “Risponderò alla presente domanda con totale onestà e cioè confesso che sono cambiato molto con il passare del tempo, ovvero oggi riesco a moderare la mia rabbia repressa e riesco ad affrontare situazioni pericolose o difficili con calma e sfruttando le abilità derivate e conseguenti alla mia rabbia… faccio tutto ciò in modo utile e agevole per me e, benché questa sia una cosa difficile e complicata sia da spiegare che da eseguire, è la verità (ma, comunque, so che davvero poca gente è capace di controllare appunto la rabbia repressa e di usarla a proprio favore)”.    

Al colore nero e al colore bianco viene spesso associato un significato di trasformazione tant’è che, comunemente, vengono usati nei momenti di passaggio importanti e appunto di mutamento radicale della propria esistenza. Ad esempio, nel Cattolicesimo, basta pensare al colore dell’abito nuziale o del cresimante o indossato da chi fa la Prima Comunione… ovvero da chi si accinge a cambiare la propria condizione d’esistenza, secondo lo schema morte (quale termine di una qual certa fase) e rinascita (intesa come avvio di un nuovo ciclo). Sempre in tale suddetta confessione religiosa, la morte è invece vestita di nero – ma il mistero e l’ignoto vengono indicati come neri altresì nelle fiabe. Dal punto di vista simbolico quest’ultimo colore rappresenta e contiene però pure le potenzialità nascoste e latenti che, forse, un giorno prenderanno forma (esemplificando, l’utero oscuro può essere fecondato e dare alla luce la vita). Ecco quindi che ti chiedo se, tutto ciò che ti è accaduto finora di doloroso e di complicato, sei disposto a scegliere di elaborarlo a tuo favore e a coglierne un insegnamento (in modo tale da disporti propositivamente alla possibilità che il nuovo possa arrivare e tu contribuire attivamente ad edificarlo). “Ho già elaborato a mio favore e ho già colto un insegnamento da tutto ciò che mi è accaduto di doloroso e di complicato in passato e sto continuando a farlo. Io difatti penso che ritornare indietro nel tempo con la mente sia una cosa utile da fare ma anche davvero dannosa perché, a forza di pensare a un qual certo ricordo, prima o poi esso svanisce piano piano e ne restano solo piccole briciole… sto tuttavia sfruttando tutte le possibilità di riflessione sul mio trascorso, al fine di capire tutti i miei sbagli e così non ricascarci più e poi riuscire a bypassare veramente i vecchi ricordi”.        

Una volta constatato che il colore nero rappresenta la fine ma anche l’origine di ogni nuovo inizio, mi sembra doveroso portare all’attenzione il fatto che esso è inoltre il colore della sera. Ordunque, tu come vivi il calare del buio e cosa sei solito fare quando ogni luce – metaforica (d’attenzione altrui e/o della speme) e no – si spegne? La luce naturale per me è come una rigenerazione, di giorno sono in un determinato modo e di notte sono completamente un’altra persona. La notte mi rappresenta e anche tanto in quanto è profonda, fredda, cupa ma altresì misteriosa come lo sono io. Sono dell’idea che ognuno di noi abbia un vero e proprio momento della giornata e di cambio luce che lo rappresenta appieno e al meglio, in cui ossia si sente al 100% se stesso e bene… proprio la notte è il momento del dì che mi rende me stesso al 100%”.  

Mi scuso qualora dovessi percepirmi come indelicata ma quando – nella nostra prima chiacchierata – ti ho chiesto se ti sei mai interrogato a proposito della questione della Teodicea, volevo sapere se tu sei credente e se aderisci a una data religione o no… Ammesso poi che si professi la fede cattolica, non riesco proprio a concepire l’attribuzione a dio della somma bontà, dell’onnipresenza, dell’onniscienza e dell’onnipotenza se non ignorando il male morale e soprattutto il male naturale che colpisce non pochi innocenti. Il tuo fratellino Enea, che a breve compirà quattro anni, sin dalla nascita – per via di un neuroblastoma – ha dovuto affrontare veramente il peggio che possa capitare a una persona e ciò non mi pare assolutamente che sia conciliabile con alcuno dei sopramenzionati appellativi divini (e, dalla mia prospettiva, nemmeno serve arrampicarsi sugli specchi e tirare fuori la debole giustificazione che la divinità ha concesso a ciascuno di noi il libero arbitrio), non pensi? “Vorrei dichiarare, ancor prima di rispondere a quest’ultimo quesito, che io non sono credente. Io credo soltanto nel destino ed è ciò, il destino appunto, l’unica incognita che porto con me. Per quello che riguarda il grande problema che ha avuto mio fratello Enea, sono convinto che sia tutto in mano proprio al destino e sono altrettanto sicuro che lui sia destinato a un grande e importante futuro… ha tutte le capacità di affrontare la vita e per essere un vincente, glielo leggo negli occhi. Enea dovrà affermarsi e affermare il suo posto nel mondo ed è per questa ragione che ha superato con successo tutto quello in cui già è incorso”. 

Mi hai confessato di avere una ragazza da un anno e mezzo e che, grazie a lei (che ti ha supportato costantemente e in ogni tua scelta), sai cos’è l’amore. C’è chi sostiene che l’amore sia (soprattutto) una scienza e che l’attrazione spesso derivi dai nostri modelli di esperienza di vita risalenti alla prima infanzia, vale a dire che relazioniamo appunto i nostri ricordi di quando eravamo bambini (specialmente quelli legati alle persone che ci hanno cresciuto) a chi incontriamo nel nostro presente [clicca qui https://www.elle.com/it/emozioni/amore/a28252106/perche-siamo-attratti-da-un-tipo-di-persona]. A quanto pare, cerchiamo cioè di emulare e ricreare i rapporti avuti proprio durante l’infanzia e riusciamo a riconoscere quei tratti di personalità di chi, una volta che avanza la nostra età anagrafica, poi frequentiamo che ci riportano al passato: tu sei d’accordo e ti ritrovi, per quello che ti concerne, in ciò? “Ammetto che mi ritrovo molto in tutto ciò che tu, Giulia, hai qui posto alla mia attenzione. L’amore è un concetto complicato ma sono certo che, per come sono cresciuto e via via capendo tante cose e creandomi la mia personalità, la persona giusta per ognuno di noi c’è e ci sarà sempre – arriverà quando deve arrivare e rispecchierà il modo in cui siamo cresciuti e il modello di futuro che ci siamo immaginati sin da piccoli”.       

Hai spiegato che <<Per me, musica è tutto quello che ci circonda ed è tutto quello che ci rappresenta… anche se molte persone non ci credono che ciò sia vero, oppure non danno peso alle situazioni che vivono e alle cose/alle persone che hanno intorno. La musica appunto è ovunque e noi stessi siamo musica! Tutto quello che ascoltiamo condiziona il nostro umore. Sono dell’idea che essa, la musica, sia l’arte migliore che esista>>. Mi vengono in mente –  stante questo tuo credo – quei ricercatori che sostengono che proprio la musica influenzi il cervello e il corpo tanto da essere utile per alleviare lo stress, ridurre la depressione e l’ansia e contrastare gli stati mentali negativi. La ricerca ha difatti evidenziato che l’arte delle Muse aiuta a migliorare l’accettazione di se stessi e facilita la comunicazione e la relazione con gli altri umani, nonché ascoltare musica è altamente legato all’aumento di stati di felicità. I dipinti, le sculture, le canzoni, le poesie, i film che tuttavia sono cruenti o comunque che esprimono ed esternano sofferenza ritieni che siano catartiche o no per l’autore e, invece, recepite come dal pubblico? Tu, nella musica altrui, che cosa ricerchi e quando ti senti di affermare di trovarti di fronte a un capolavoro? “La suddetta affermazione è assolutamente vera ché in fondo, diciamocelo, senza musica il mondo sarebbe silenzioso e difettoso più di quanto lo sia oggigiorno. La musica condiziona il nostro stile di vita e il nostro umore… quindi sì, essa è una medicina e non esiste alcun farmaco più forte proprio della musica. Io sono dell’avviso che, grazie a quest’arte, abbandoniamo i pensieri negativi anche poiché – per mezzo delle canzoni – siamo portati a cercare di ascoltare ciò di cui il nostro corpo ha bisogno per poter curare il dolore psicologico che percepiamo in noi. Che cos’è un capolavoro, invece, lo stabilisce l’ascoltatore che potrebbe immedesimarsi, così come potrebbe commuoversi o potrebbe arrabbiarsi di fronte ad una x opera. Le emozioni parlano una loro lingua e dunque un capolavoro si giustifica da solo e l’attribuzione di codesto appellativo dipende da persona a persona…  quella che io potrei definire una lavorazione di suono orribile, infatti, per un’altra persona potrebbe essere una vera e propria cura psicologica e sopratutto potrebbe fungere e servire da supporto-aiuto nel trovare risposte precedentemente mai trovate”.        

Tue sono le parole: “I social network fanno parte di un sistema talmente tanto potente che non riesco a descrivere tutte le loro potenzialità. Musicalmente parlando, aiutano un sacco ma finiscono spesso per relegare in un angolo chi – nella musica – ci mette veramente passione e amore… e io sono uno di quelli che vengono accantonati. Gli influencer hanno la possibilità di trasformare in un lavoro un certo qualcosa che piace loro fare e di cui piace loro parlare, quindi capisco le motivazione del fatto che si stia assistendo a un esponenziale proliferare di aspiranti influencer appunto. Rendere la musica una vera e propria professione è quello che, da parte mia, vorrei riuscire a conseguire”. Sei o no dell’idea che si possa avere un considerevole e soddisfacente seguito – al punto di riuscire a fare della propria passione la propria fonte di sostentamento economico, materiale – nonostante la propria netta diversità d’approccio e di sviluppo rispetto a ciò che, nella contemporaneità, il pubblico recepisce come maggiormente accessibile e commerciale? “Non sono ancora effettivamente entrato nell’ambito social a livello lavorativo, ma a livello lavorativo sono invece entrato nella musica e – per quello che concerne la musica – posso permettermi di dire che essa è un’ottima forma e un’ottima fonte di guadagno. La musica mi permette di vivere, economicamente parlando, una vita serena. Non penso che il seguito sia dovuto soltanto a ciò che è in voga ma ciò, più che altro, perché sennò (cioè se qualcosa viene fatto solamente perché è di moda) non si raggiungeranno mai i risultati positivi di chi mette in campo la forza di volontà e l’impegno totale”.

Non hai fatto segreto di quanto tu creda nel destino, o meglio, nel potere di tutte le azioni (anche di quelle più piccole) che ciascuno di noi compie. Non credi invece nell’onniscienza, bensì sei dell’avviso che ogni essere umano sia ciò che fa. Ci sono però anche tante persone (a prescindere dall’essere degli autodidatti o dal conseguimento di un titolo universitario, o da un diploma di specializzazione) che, nonostante le competenze e i tanti tentativi al fine che sia concessa loro fiducia e una possibilità di mostrare di meritarsela, non riescono a trovare uno spazio consono al loro talento e nemmeno il giusto riconoscimento oppure ho preso un abbaglio? Da cosa dipende pertanto, ai giorni nostri, essere i protagonisti di una carriera ben avviata e veramente credi che da soli (senza chi si occupi secondo auctoritas del lato finanziario, del marketing, dei contatti per essere pubblicizzati etc.) si possa riuscire nell’impresa di divenire – partendo da zero e senza i soldi sufficienti e nemmeno qualcuno che assuma così da guadagnarli – “famosi” e ricchi? “Risponderò in modo molto veloce ma è, il seguente, esattamente il mio pensiero… sono dell’idea che, se si è destinati a una cosa, la propria mente porterà il diretto interessato direttamente al risultato sperato e che poi starà a lui superare e aggirare gli ostacoli e i problemi che gli si presenteranno dinanzi successivamente – io sono convinto che non esista forza più grande del proprio sogno”.    

Infine, dacché mi hai anticipato che hai in cantiere il progetto di partecipare ad “Amici” di Maria De Filippi, ci dici come mai miri ad entrare in questa specifica scuola e talent show e non in qualche altro programma televisivo?Ho riflettuto molto su quella che avevo immaginato fosse la decisione più giusta da prendere, ossia tentare di entrare nella scuola di “Amici” di Maria De Filippi ma poi – di recente – sono arrivato alla conclusione che ciò non è la scelta migliore per me e dunque non è più nei miei programmi. Ho programmato, piuttosto, un nuovo percorso che a breve mi porterà al prossimo step della mia vita. VORREI CONDIVIDERE CON I LETTORI IL SUGGERIMENTO DI INSEGUIRE I PROPRI SOGNI E DI IGNORARE LE CRITICHE, CHE TUTTI GLI INVIDIOSI PARLINO PURE MALE DI NOI… NON ESISTE FORZA PIÙ GRANDE DEI PROPRI DESIDERI, TANT’È CHE È BENE LASCIARSI TRASPORTARE DAL DESTINO E TENERE I DENTI STRETTI QUALORA SI PRESENTINO DEI PROBLEMI. SIAMO NOI CHE CO-COSTRUIAMO IL DESTINO, SOLTANTO LA MORTE È GIÀ PROGRAMMATA E PACE”.  

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