Lo chiamavano Smartworking, ma era per dire “andare in ufficio è inutile”

Nato per abbattere i costi e migliorare la produttività dei dipendenti, lo smartworking (detto anche lavoro agile, per quanto sia una definizione più che altro di Wikipedia) è una realtà a cui molti freelance ed imprenditori del web erano già abituati, e che ha costituito una novità sostanziale (e spesso traumatica) per molti italiani durante questo 2020. Smartworking letteralmente significa “lavorare in modo intelligente”, e quindi non ha nula a che vedere con il fatto di fare telelavoro o lavorare da casa.

Cosa vuol dire davvero smartworking

Di fatto, riferirsi allo smartworking per dire che si lavora casa è sbagliato: l’espressione più corretta dovrebbe invece essere “working from home“. Si tratta pertanto di un cosiddetto pseudoanglicismo, un prestito improprio dalla lingua inglese e che andrebbe reso con altri termini: working from home (a volte con l’acronimo wfh), oppure remote working oppure telecommuting.

Una definizione più corretta per esprimere il fatto di lavorare da casa, del resto, è quella di usare l’espressione “working from home“, che l’urban dictionary (sempre molto sottile) spiega ironicamente in questi termini:

Un eufemismo molto popolare nel mondo aziendale, che serve ad indicare una persona che passa le giornate a masturbarsi furiosamente, facendo pausa giusto per rispondere alle mail più velocemente possibile in modo da convincere i colleghi che stia effettivamente lavorando su questioni aziendali importanti. Autorisposta tipica nelle email: oggi lavoro da casa (I’m working from home), per favore rivolgetevi ai colleghi per qualsiasi evenienza. E non chiamatemi per telefono, potrei essere in procinto di avere un orgasmo in quel momento.

Cosa cambia tra smartworking e telelavoro

Telelavoro e smartworking non sono la stessa cosa, anche se sembrerebbero l’uno la traduzione dell’altro: la questione non è solo linguistica, ma anche giuridica. Il telelavoro è soggetto a normative molto precise, che sono derivate dall’Accordo Quadro del 2004, e che prevedono che:

  • ci siano dei controlli di sicurezza e manutenzione sulle apparecchiature usate;
  • che ci sia un periodo di riposo obbligatorio;
  • il datore di lavoro possa effettuare delle ispezioni per assicurarsi la regolarità dello svolgimento delle attività;

Invece con lo smartworking non sei obbligato a stare per forza a casa, ma puoi anche stare in un pub, in una birreria, a casa di un amico o di un parente e via dicendo. L’orario dello smartworker viene pre-determinato su necessità, tant’è che molti smartworker si fanno pagare ad ore; la cosa essenziale è che vengano raggiunti degli obiettivi prefissati.

Di leultime.info

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