Intervista a Maria Pettinato, critica d’arte partecipante alla Rassegna Letteraria Number27

Oggi la blogger Giulia Quaranta Provenzano ci propone l’intervista alla critica d’arte Maria Pettinato, della quale è possibile visionare il profilo Instagram cliccando su https://instagram.com/_mariapettinato_?igshid=MzRlODBiNWFlZA==

Buongiorno Maria! Vorrei chiederti subito qual é il motore interiore, quel qualcosa e forse anche quel qualcuno, che ti ha portata a intraprendere il tuo viaggio nella scrittura. “Buongiorno Giulia! Il motore interiore che mi ha portata ad intraprendere il mio viaggio nella scrittura è decisamente legato alla mia volontà di non fermarmi al superficiale. Purtroppo viviamo in un mondo in cui stanno emergendo valori, se così (ossia valori) si possono definire, incentrati su componenti che a mio avviso sono poco animiche e troppo materiali. Ecco, il motore interiore che mi ha portata e che mi porta tuttora ad addentrarmi nel mondo della scrittura è proprio la mia interiorità… la volontà di non cedere alla pochezza e di continuare invece a sviluppare conoscenza e nutrimento perché, alla fine, scrivere è un modo per non perdersi”.  

A che cosa, forse, negli anni dell’infanzia e dell’adolescenza, immaginavi di dedicarti una volta divenuta adulta? “Le mie grandi passioni, negli anni dell’infanzia e dell’adolescenza, erano il disegno e la scrittura. Scrivevo principalmente diari e inventavo racconti legati tanto alla storia… quindi, sì, credo che dentro di me qualcosa già si stesse muovendo in direzione dei suddetti campi”. 

Che cosa rappresenta per te la scrittura e l’arte più in generale e quale ritieni che sia il loro principale pregio e potere? “Come anticipato precedentemente, per me la scrittura è nutrimento così come lo è l’arte! Essa ha il potere di cambiarti l’umore, ti consente di essere realmente te stess* ed è inoltre il ponte tra la realtà e l’irrealtà, tra il fuori e il dentro. Quando si è di fronte ad un quadro o ad una scultura, si è immersi in emozioni e stati d’animo così tanto intensi (o, perché no, così poco intensi in base a ciò che ti trasmette) che ti suscitano dentro realtà nuove e che ti fanno sentire davvero te stesso. Sei vivo, sei tu. Questo è il potere dell’arte. Puoi sentire ciò che vuoi davanti ad un’opera, è una delle poche occasioni in cui la maschera la si può lasciare a casa perché lei, l’opera appunto, non giudica alcuno. Il potere della scrittura è molto simile a quello di un quadro o di una scultura, perché ti libera anch’essa. Quante volte capita di leggere un saggio o un romanzo e cambiare punto di vista? Di immedesimarsi nella situazione raccontata, nei personaggi?”.   

Ci racconti quando e perché hai deciso di scrivere il libro “Le maschere dalla scena al dipinto (e ad Aeternum)” e che cosa ti ha spinta a volerlo poi pubblicare? Con quale proposito e speranza lo hai dato alla luce? “LE MASCHERE DALLA SCENA AL DIPINTO (E AD AETERNUM) è un saggio che ho scritto molti anni fa… è, però, rimasto chiuso nel cassetto fino allo scorso gennaio. Ho sempre sentito e nutrito, probabilmente per i miei studi universitari in Scienze dello Spettacolo, un grande fascino per la Commedia dell’Arte e per la grande capacità che i Comici dell’Arte manifestarono nel voler stravolgere i canoni teatrali della loro epoca (e della loro società). Personalmente mi piace molto il concetto di maschera, l’oggetto ossia dietro il quale ci si nasconde quotidianamente. E, poi, mi piace l’aspetto rivoluzionario. I Comici dell’Arte sono stati infatti i primi a modificare totalmente il modo di fare teatro e ciò soprattutto nell’uso del corpo, nella presenza della donna sul palcoscenico ecc. ecc.. Sono elementi, questi, apparentemente scontati oggi ma per il 1500 assolutamente non lo erano! Interessante è infine la questione pittorica. Gli incisori e i pittori che hanno raffigurato e che raffigurano nei loro dipinti le maschere della Commedia dell’Arte offrono un immaginario diverso l’uno dall’altro, una visione differente l’uno dall’altro, in base al periodo storico in cui si trovano. Pablo Picasso ad esempio, soltanto per citarne uno, rappresenta dei personaggi solitari e tristi, stanchi di dover per forza far ridere, demoralizzati perché la loro individualità non conta nulla per il pubblico che vede la maschera come protagonista e non invece l’essenza personale che vi è dietro a codesta”.      

C’è una riflessione o uno spunto di riflessione, un’informazione, un messaggio che vorresti che non passasse inosservato ai lettori? “Lo spunto di riflessione che vorrei condividere con i lettori è quello di cercare d’essere se stessi e di non cadere nella tendenza a nascondere la propria personalità dietro ad una o a tante maschere. Come diceva il grande Pirandello: “Ciascuno si racconcia la maschera come può, la maschera esteriore”. Ecco, sarebbe meglio che ognuno di noi uscisse dal teatro della vita e che decidesse invece di viverla… di vivere la vita vera”.

Infine condividi con noi quali sono i tuoi prossimi progetti sia a stretto giro che a più lunga gettata? “Per ora, sto concentrando molte delle mie attenzioni sul mio lavoro che è quello dell’insegnante. Voglio formare i miei studenti con professionalità e determinazione, ma anche con amore e dedizione, perché questo è il lavoro più bello del mondo e necessita di cura e di attenzione. Il futuro delle prossime generazioni è nelle nostre mani, ciò non bisogna dimenticarlo mai! Sta inoltre per uscire la seconda ristampa, con la casa editrice La Rondine, del mio saggio intitolato “Potere e libertà. Briganti nella Calabria post-unitaria (1861-1865)” e nel cassetto c’è la scrittura di due nuovi testi… ovvero un romanzo e un saggio. Tema protagonista di entrambi è la femminilità”.

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